Attualità
Cantine Sociali: il futuro è la selezione. Come a Clavesana
Ciascuno ch’è stato al Vinitaly e ha fatto assaggi, non ha potuto che registrare quanti vini buoni – tra nuovi e consolidati, giovani e meno giovani – la nostra enologia è in grado, oggi più che mai, di sfornare.
C’è da esaltarsi. Abbiamo raggiunto livelli superbi, per tecnica, importanza, emozione, riconoscibilità.
Non è solo la capacità realizzativa dei produttori, è la bontà intrinseca – prerogativa del nostro Paese – di tanti vitigni che, lavorati bene, esplodono in tutta la loro singolarità e unicità.
Tra le mie esperienze vinitalesche gradevoli, l’assaggio dei Dogliani della Cantina Sociale di Clavesana (langarola, 350 produttori tra piccoli e medi, 440 ettari di vigna, 2 milioni e passa di bottiglie), diretta da donna di ferro, Anna Bracco, incontrata con la responsabile ufficio stampa – senese!, curiosa circostanza – Daniela Mugelli.
La freschezza vinosa dell’annata 2013 (sbalorditivo il rosso colore sangue-fragola-rosa) e la sobria eleganza della 2012 del Dogliani Clavesana; e la forza armonico-espressiva dell’annata 2011 del 587 (uno dei quattro cru del Dogliani Superiore, da vigneti di un singolo produttore e il cui nome corrisponde al numero d’iscrizione dell’azienda sul libro soci), mi hanno riportato alla mente quel che Veronelli sosteneva – prediche e speranze insieme – sulle cantine sociali: quando cominceranno ad assemblare con attenzione e lavoreranno anche in selezione, potranno dire la loro nel mercato con autorevolezza.
“Per questo”, ribadisce Anna Bracco, “abbiamo deciso di puntare su un disciplinare perfino più impegnativo di quello previsto per la Docg. E di legare il nostro Dolcetto al territorio puntando sul nome Dogliani, la città più importante di questa Langa”.
Siamo Dolcetto è lo slogan che aleggia nelle vigne, in cantina, nella case: per le 350 famiglie della Cantina, il Dolcetto è prodotto d’identificazione e luogo d’identità: “Per carattere, per storia, per stile di vita, per valori di riferimento“.
A Clavesana, per incontrare e incoraggiare l’identificazione/identità dei contadini conferitori, Veronelli andò nel 2003:
“Oggi ho gustato un Dolcetto di Dogliani tra i migliori (in quegli anni, il nome portava la parola dolcetto; abbandonata, pressochè immediato, soprattutto all’estero, il mutamento di percezione, e di successo, del vino, n.d.r.).
Continuate, sulla strada che avete intrapreso, perché solo in questo modo si rende il giusto riconoscimento a chi lavora le vigne e vive la campagna da protagonista.”
Lungimirante.
Gian Arturo Rota
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