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Originale degustazione in ricordo di Veronelli. A cura del “suo” Seminario

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Un frangente per me emozionante, sempre a Vinitaly, è stata la degustazione in ricordo di Veronelli, organizzata dal Seminario Permanente Luigi Veronelli.
A me è stato chiesto di portare una riflessione sul senso, in Vinitaly, di un tale ricordo.
Veronelli ha sostenuto sin dal suo nascere quella che è la fiera per antonomasia del vino italiano.
Sostenuta sia perchè necessaria una fiera sia perchè giusto che attecchisse in una terra ad alta vocazione enoica, come è il veronese (e il Veneto in generale).
E perciò ne ha seguita, e aiutata, la crescita con affezione e, anche, stimolo critico. Ma con il proposito dell’affermazione internazionale.
Per ciò ha sempre suggerito di puntare su fatti (incontri, convegni, assaggi, relazioni, “prime”) in quella direzione.
E così si sono realizzati avvenimenti di grande importanza. Un esempio su tutti: il primo congresso mondiale degli scrittori del vino (non mi risulta ne siano mai seguiti altri) nel 1993, con una partecipazione planetaria di autori e di cui molto si scrisse e disse.

Quanto alla degustazione, tredici i vini e intitolata Il buono è la forma del vero, è stata condotta – più su un piano sentimentale che tecnico (formula indovinata a mio parere) – dalla task force capitanata da Gigi Brozzoni (curatore della guida I Vini di Veronelli): Andrea Bonini, neo-direttore del Seminario Permanente Luigi Veronelli, Marco Magnoli e Andrea Alpi, da anni collaboratori dello stesso e per la guida.
Sotto, riporto il bel testo di presentazione, che merita attenta lettura, così come pure l’elenco dei vini.
Gian Arturo Rota


“Sogno ciò che sognavo. E lo sognerò fino a viverlo”.

Luigi Veronelli sognò a lungo e con ostinazione quella che definiva “un’enologia qualitativa”, un mondo del vino che si aprisse all’esistente globale per coglierne le contraddizioni, i problemi e farsene carico.
Tutto questo Veronelli lo sognò una vita intera, trasformandolo ogni giorno nelle parole e nelle azioni della sua attività di giornalista e scrittore. Una ricchissima rete di amicizie e relazioni lo portava a riflettere e a confrontarsi con vignaioli e agricoltori disseminati nell’intera penisola e nel mondo.

Da questi incontri – in vigna, in cantina o nelle righe di una lettera – sono nate idee e pratiche che hanno cambiato l’enologia italiana.
Al centro è tornato il vignaiolo e, con lui, l’atto d’amore e di creatività da cui nasce il vino, in un teatro di connessioni tra terra, natura, lavoro, cultura, passione, sapere scientifico e rigore morale.
Questi erano i vini “secondo Veronelli”, molti dei quali sono divenuti grandi, persino storici per le conquiste tecniche e intellettuali conseguite con la loro realizzazione a beneficio dell’intero settore.
La connessione tra idee, parole e pratiche non si è mai interrotta e non ha mai smesso di generare evoluzioni, così che anche molti nuovi vini possono dirsi, senza alcun dubbio, “veronelliani”.

Il Seminario Permanente Luigi Veronelli propone tredici vini – rappresentativi di altrettante storie di uomini, donne, lavoro e idee coraggiose – per scoprire come passato e futuro s’uniscano nell’aforisma veronelliano
“il buono è la forma del vero”.

Franciacorta Brut Riserva Cuvée Annamaria Clementi 2005, Ca’ del Bosco
Blanc des Rosis Bianco Venezia Giulia 2011, Mario Schiopetto
Juan 2006, Agricola Garella
Barbera d’Asti Bricco dell’Uccellone 2011, Braida
Valtellina Superiore Riserva Dirupi 2010, Dirupi
Barbaresco Santo Stefano Albesani di Neive 2011, Bruno Giacosa
Pergole Torte Toscana 2011, Montevertine
Bolgheri Sassicaia 2010, Tenuta San Guido
Irpinia Aglianico Terra d’Eclano 2010, Quintodecimo
Primitivo di Manduria Es 2011, Gianfranco Fino
Moscato d’Asti La Galeisa 2013, La Caudrina
Un Picolit dal Undis 2011, Marco Sara
Ora da Re 1932, La Cantina dei Feudi

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