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Vola vola vola l’ape Maia

api

 

Il titolo del post richiama quello della canzone – interpretata da Katia Svizzero, poi divenuta un must – che faceva da sigla ad un celebre cartone degli anni 80.
Dal testo emerge con nitidezza – pur con legittime concessioni al romanticismo e alla fantasia infantili – che mole di lavoro svolge questo meraviglioso insetto. Un lavoro di eccezionale importanza per l’intero ecosistema.

Di tanto in tanto, sentiamo di morie d’interi sciami (centinaia di migliaia), causate dai veleni (insetticidi, pesticidi) spruzzati alle piante e che le api assumono ignare; morie che costituiscono – noi non ne abbiamo gran coscienza – un colpo duro agli equilibri proprio dell’ecosistema.
Leggevo tempo fa questi dati:
“Un patrimonio fatto di 1.100.000 alveari in tutta Italia, gestito da circa 75.000 apicoltori per un valore economico stimato in circa 1.500 milioni di euro all’anno e un contributo scientifico molto importante, in virtù del fatto che le api con il loro lavoro sostengono la vita dell’84% delle piante e del 75% di quelle di interesse alimentare.

La conoscenza di Andrea Paternoster (Mieli Thun, Vigo di Ton, nella Val di Non, Trentino), optimus apicoltore, e la mezza giornata trascorsa da/con lui, mi hanno aiutato a comprendere in profondità perchè si è (si sceglie di essere) apicoltori, perchè alle api dobbiamo rispetto e gratitudine e perchè non dobbiamo dimenticarci di quei dati.

Ho memorizzato alcuni suoi pensieri, ben più esaurienti di qualunque mio tentativo di descrizione:

Le piante lavorano per le api e le api esistono perchè ci sono i fiori.
Le api, lavoratrici instancabili, macinano chilometri su chilometri.
E sono fedeli.

Vivo giorno e notte con le api e ragiono come loro.
Ho rapporto con le api, ma loro non mi (ri)conoscono, io per loro sono un animale selvatico.

L’apicoltore sa che più attenzione dà alle api più da loro ottiene.
Se le mette nelle condizioni di lavorare al meglio, loro restituiscono le attenzioni ricevute.

Apicoltore è tanto lavoro fisico, di fango, di stivali, di schienate; è il gusto della fisicità.
Nel mio lavoro ho una consapevolezza: essere secondo a madre natura.

Io devo darti l’essenza del fiore. Questa per me è qualità.
L’apicoltura non è una pratica, è un fatto culturale.
Faccio degustare il mio miele nei bicchieri perchè voglio riportare nei calici ciò che viene da un calice.

“Benedetto!”, avrebbe esclamato Veronelli, lo avesse incontrato e ascoltato.
Gian Arturo Rota

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