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Fior fior di conserve da Ittiri

Essere stato sottolio” è locuzione, non conosciutissima, che si usa scherzosamente con chi, dopo certa assenza, riprende le frequentazioni di amici e conoscenti; “chi è da lunga pezza che non si fa vedere”, per dirla col Tommaseo.
Nei fatti, sott’olio indica un metodo di conservazione, conosciutissimo, dei cibi animali e vegetali.
Un’antica pratica da cui deriva la simpatica locuzione; eh si, perchè gli stessi alimenti destinati a diventare conserve, spariscono temporaneamente per poi riapparire, poco importa se sotto nuova e diversa veste.

Tra i sott’oli di mia preferenza quelli dell’azienda agricola Pinna di Ittiri, nel sassarese; fa capo ai fratelli Antonella, Gavino e Leonardo (in campagna e alla produzione i due uomini; Antonella – vive e lavora a Bergamo – è la “promoter”).
Mi piacciono, anzitutto perchè in olio d’oliva extra vergine (il loro), che esalta la materia prima; poi, perchè ogni partita non è mai uguale alla precedente, dettaglio che predispone ogni volta ad una nuova curiosità (quasi mi spingo ad affermare che esistono, capita di percepirle, differenze tra vasetto e vasetto). Della linea fanno parte:

  • i carciofini, gli spinosi sardi, non grandi, particolarmente teneri e sempre i primi a finire;
  • le favette, intriganti, in zona di confine tra dolce e non dolce;
  • gli asparagi(ni) verdi, di sapore puntuto;
  • le bietole, forse le più eleganti;
  • le zucchine, politically o “gastronomically” correct;
  • le melanzane, aristocratiche;
  • i pomodorini secchi, lussuriosi.

Di carciofini e asparagi, anche la crema che – a dispetto dei pur giusti abbinamenti con salumi, formaggi, insalata di riso, pizza e carni lesse, di loro suggerimento – a me manda in visibilio con il pane, ciabattina su tutti, tostato ma non troppo. I peperoni (gialli e rossi insieme), le cipolle (borettane, ovvero piatte) e i cavolfiori sono invece in agrodolce, quell’agrodolce basato sui principi dell’accostamento e dello scambio tra sapori dolci e aromatici, e così in voga nella tradizione italiana di Medioevo e Rinascimento, ma un po’ in caduta libera – il mutamento dei gusti – nei tempi nostri.
I Pinna utilizzano, come gran parte, aceto di vino bianco, la cui intensità acida è minore rispetto al rosato (che pur qualcuno adopera), così da non prevaricare i sentori naturali del vegetale.

Tutte (le conserve intendo) accomunate da una decisiva sfumatura: le materie prime sono lavorate poche ore dopo la raccolta e ci vuole poco ad intuire quanto ciò sia determinante per la preservazione della freschezza e della fragranza organolettiche.

Del loro “portafoglio”, fanno parte anche: olio d’oliva (extra vergine, va da sè), olive in salamoia, ragù di pecora e giardiniera. Ma anche alcuni prodotti confezionati per loro: pane biscottato e pasta alimentare.

Azienda Agricola F.lli Pinna, via Umberto 133
Ittiri (SS), tel. 079441100, fax 079444183
www.oliopinna.it
 

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