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Architettura moresca e alta cucina a Villa Crespi

febbraio 24, 2012 by Gian Arturo Rota in Il Ristorante, Rubriche with 0 Comments

Stare a tavola con uno chef non è cosa facile, per evidenti motivi; è possibile se lo chef non è a casa sua e si concede del tempo per sé. A me è successo a Villa Crespi, uno dei luoghi più singolari dell’ospitalità italiana (per la posizione privilegiata sul lago d’Orta, la fantasiosa architettura in stile moresco, il pregio dei servizi, il gran valore del ristorante).
Vi ho pranzato tempo fa – non con il cuoco di casa (Antonino Cannavacciuolo) – bensì con Gennarino Esposito (patron del Torre del Saracino, di Vico Equense).
Lui ha provocato il nostro incontro e – mentre ci servivano piatti che abbiamo fatto finta di ignorare – abbiamo parlato a lungo. Un pensiero mi ha espresso con preoccupazione: la necessità di un confronto maggiore tra ristoratori e comunicatori, di una riduzione di distanze tra chi cucina e chi giudica, di una maggiore trasparenza nei rapporti, di una discussione condivisa su problemi e possibilità della gastronomia italiana.
Si, è una necessità.
A fine pranzo, Antonino si è seduto con noi e ci ha raggiunto anche Ilario Vinciguerra, già al Monte Costone di Galliate, oggi a Gallarate, in bella villa, eleganti ambienti, un luogo più consono all’eleganza della sua cucina; il locale porta il suo stesso nome: Ilario Vinciguerra.

Formano, i tre, una triade unita: per la stazza (scherzo… ma non troppo), la terra d’origine (Campania), una forte amicizia, una visione romantica ma non ingenua della ristorazione.
Una fortuna aver trascorso del tempo con loro.
Gennarino è un riferimento per saggezza ed equilibrio, Antonino il più “inquieto” (deve misurare il suo talento con la gestione, insieme a moglie Cinzia, di una struttura impegnativa), Ilario il più silenzioso (ma attento) e giocoso.

Un piatto di Antonino è stato al centro di un fitto scambio di opinioni: la crema di burrata, scarola alla partenopea, alici marinate e cialda di polenta. Io l’ho “contestato”: quella burrata, per sé sola magnifica, penalizzata da un insieme tecnicamente non discutibile ma fuori luogo; loro a dirmi di non essere convenzionale, che un cuoco, se ha in sé dei fermenti creativi, è giusto esperimenti, la cucina non è fissa e immutabile; io a ribattere che, talvolta, è più coraggiosa e “nuova” la naturalità che l’invenzione a tutti i costi.

Ci siamo alzati dal tavolo alle 5, ciascuno più “imparato”.

Villa Crespi, Orta San Giulio
Via G. Fava 18, tel. 0322/911902
chiuso lunedì e martedì a mezzogiorno
www.hotelvillacrespi.it

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