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Angelo Gaja: il vino italiano ha attraversato l’inferno

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Daniela Ameri, direttrice della rivista on line AltraEtà (www.altraeta.it) mi ha chiesto un commento sull’intervento di Angelo Gaja all’ultimo Vinitaly. Intervento centrato sull’evoluzione del vino italiano degli ultimi 40 anni e sulle ragioni del successo, mondiale, d’oggidì. Ecco cosa mi ha suggerito l’ascolto:

Ho sorriso all’ascolto dell’intervento di Angelo Gaja durante l’ultimo Vinitaly.
Sorriso – voglio precisare – nel passaggio in cui cita, tra i personaggi fondamentali del rinascimento del vino italiano, Paolo Desana e Luigi Veronelli.
Il senatore Desana, in quanto promotore e firmatario della legge sulle denominazioni d’origine (1963) e presidente del comitato nazionale di tutela, perché “per 20 anni ha difeso a spada tratta la legge ed è stato osteggiato duramente; osteggiato perché significava introdurre delle regole, dei controlli per avere una qualità migliore; e anche dai produttori che ritenevano non bastasse la legge per fare qualità”.
Veronelli, padre della cultura gastronomica e materiale italiana, perché “ha avuto un’ìnfluenza molto forte, ha chiesto abbassamento delle rese e ha spronato i produttori: se volete produrre vini migliori abbassate le rese, e poi fate magari anche i vini di vigneto”.

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Ho sorriso perché Gaja ha messo insieme due figure che non hanno avuto idilliaco rapporto; anzi, feroce la lotta (finita anche in tribunale) ingaggiata da Veronelli proprio contro Desana, cui riconosceva il merito di aver pensato a una legge di tutela ma cui anche attribuiva la responsabilità di non averla concepita a difesa delle piccole produzioni e della qualità. “Quando uscirono la legge 930 e i primi disciplinari la mia indignazione fu immensa”, scrisse. Contestava, tra l’altro: l’assenza di un catasto viticolo, la concessione di rese per ettaro mostruose, le classificazioni di zona troppo generiche, il non obbligo dell’indicazione dei cru (per Veronelli doveva essere, come in Francia, la specifica qualifica di un vino), il divieto della pratica dello zuccheraggio (pratica, ovvio, che andava seriamente controllata).

Battaglia – ripeto: feroce, senza mezze misure – non inutile.
Veronelli ha instillato nei produttori seri (tanti) una presa di coscienza nuova sulla necessità di difendere meglio il valore del proprio patrimonio, della propria storia, della propria terra.

Di qui – purtroppo anche attraverso il drammatico spartiacque dello scandalo del metanolo – l’origine del successo, oggi planetario, dei nostri vini.
Gian Arturo Rota

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