Attualità
“I vini si bevono, non si collezionano”
da sinistra: Carlo Schiopetto, Cristina Gemignani, Gian Arturo Rota, Giuseppe Mazzocolin.
Sotto questo pensiero, un po’ paradosso, di Veronelli, sono stato a chiamato a guidare due belle e intense serate organizzate da Fisar sezione di Bologna, introdotte e spiegate dalla delegata, brava, Raffaella Melotti, presso la pasticceria Robby di San Giorgio in Piano.
Ho centrato le mie riflessioni intorno alla (mitica) cantina veronelliana.
La frase in sè è un richiamo al rapporto suo con le decine di migliaia di bottiglie che riposavano, e riposano, in cantina. In sintesi: il vino va bevuto nel senso di goduto, tanto più se buono e piace; e non, in quanto buono, da collezionare per ragioni commerciali.
Lui raccoglieva – acquistava e/o riceveva – così tante bottiglie, perchè erano strumento vivo e indispensabile per assaggi e studi continui e incrociati, così da poter conoscere meglio i vini, nell’evoluzione e nella tenuta temporali, e da poter verificare – per conferma o modifica – i suoi commenti su di essi.
Da lì, ho allargato al rapporto con il vino, con i produttori, con i legislatori e i politici.
Abbiamo poi assaggiato 7 vini a lui cari:
Blanc de Rosis, Az. Agr. Schiopetto; Lugana Brolettino, Az. Agr. Ca’ dei Frati; Efeso, Az. Agr. Librandi; Fontalloro, Fattoria di Felsina; Bricco dell’Uccellone, Az. Agr. Braida; Faro Palari, Az. Agr. Palari; Scacco Matto, Fattoria Zerbina.
Assaggi non di taglio tecnico, ma “umanistico”; ovvero, privilegiate le storie dei produttori e da queste risaliti ai vini, che forse sono stati anche capiti meglio.
Insieme a me tre di quei produttori: Cristina Gemignani (Zerbina), Giuseppe Mazzocolin (Felsina) e Carlo Schiopetto.
Ciascuno ha detto di sè e della sua personale relazione con Veronelli, in un dialogo di rara profondità.
Non v’è dubbio: un bel format, da proseguire e allargare. Il vino come gran motore di relazioni.
Last but… i cibi – salati e dolci – di Roberto. Ma prima Roberto: figlio di panettieri, s’è messo in proprio – insieme a moglie Giada, dolce e vigile – e basta guardarlo in viso per comprendere all’istante cosa sia per lui il lavoro: una vocazione.
Basti l’esempio della colomba pasquale: qualche anno di sperimentazione per metterla a punto, ma forse non è del tutto convinto d’essere giunto al risultato massimo.
Ci ha servito – l’ordine segue esatto esatto quello dei vini – in abbinamento:
strennina (crescente sottile e croccante); crescente con rosmarino; triangolo di pane con spinacino e taleggio; pizza bianca con salsiccia; crescente ingrassata e mortadella; polenta e coppa di testa; colomba.
Un successo – di testa e di gola – pieno.
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