Attualità
Il nuovo Ministero dei Beni culturali e del Turismo
E’ stato istituito, con il governo Letta, il Ministero dei Beni cultural e del Turismo.
Si tratta di una totale novità e di un accorpamento storico, mai accaduto nella storia della repubblica italiana.
Tra i commentatori, riporto un passo del pezzo di Gian Antonio Stella, Corriere della Sera di lunedì 29 aprile:
“Per troppo tempo la sacrosanta tutela dei nostri tesori d’arte e la gestione (meglio: mala gestione) delle nostre potenzialità turistiche sono state tenute rigorosamente separate. Contrapposte. Come se l’una esclude l’altra. Peggio: come se l’una fosse nemica acerrima dell’altra… la cultura e il turismo sono rimasti per anni ai margini degli interessi di tutti i governi. E ognuno si è arrangiato per conto proprio”.
Stella ha ragione ed evidenzia un male endemico del nostro paese.
Il neo-ministro Massimo Bray ha un compito ingrato, complesso, ma nello stesso tempo fascinoso e sfidante.
Io m’auguro che la sua gestione e il suo programma – nella necessità di una visione d’insieme – consentiranno all’Italia di recuperare il primato del paese più visitato al mondo e di qualificare, in termini di professionalità, chi lavora in questi due settori, così tremendamente importanti.
Mi auguro anche che nascerà un dialogo maggiore con un altro importantissimo ministero, quello delle Politiche Agricole. La nostra agricoltura – con l’eccezionale qualità dei prodotti, naturali e manufatti – è intimamente legata e alla cultura e al turismo; anzi, è – insieme alla cucina e ai vini – una forte motivazione che spinge turisti da tutto il mondo a venire in Italia.
Vale allora la pena ricordare al ministro Bray e alla sua collega Nunzia De Girolamo, le profetiche parole dell’economista John Kenneth Galbraith, rilasciate in una famosa intervista metà anni 90:
Lei mi chiede della crisi italiana; guardi, io penso alla sua Patria e vedo: la bellezza, la cultura, le
vestigia antiche come in nessun altro luogo del mondo, l’agricoltura e il turismo. Se siete in crisi siete colpevoli.”
(Gian Arturo Rota)
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