Attualità
La mozzarella di bufala campana è sicura e sana
fotografia di Gianni Costabile
Ho incontrato Antonio Lucisano, direttore del consorzio della mozzarella di bufala campana, ed è stata anche circostanza utile per parlare a fondo della questione Terra dei fuochi.
E’ innegabile la gravità della vicenda: la contaminazione di alcune aree tra Napoli e Caserta a seguito della combustione illegale di rifiuti illegali e in discariche illegali, con danni all’ambiente e all’agricoltura (aria, terreni e acqua).
Ma altrettanto innegabili sono la frettolosità, la superficialità e l’infondatezza con cui i media, attirati da pruriti scandalistici, hanno diffuso le notizie.
Con Antonio ho approfondito l’effetto nefasto della cattiva informazione, va da sé, sul consumo dei prodotti campani, mozzarella di bufala in primis.
Tanto nefasto da costringere il consorzio – assenti e inaffidabili le istituzioni, che pure erano state interpellate, anzi invocate – a prendere per conto proprio misure: da un lato delle analisi extra sui prodotti, dall’altro una campagna di corretta comunicazione sullo stato delle cose.
D. Antonio, partiamo dal dato più concreto, il calo delle vendite…
R. Ahimè, crollate di oltre il 30%, e per cosa?, per notizie fasulle!
Calo in recupero, ma quanta rabbia contro chi fa giornalismo senza scrupoli né volontà di approfondimento.
D. Cosa avete dovuto/voluto fare per smentire la fasullità delle notizie e per rassicurare i consumatori?
R. Abbiamo incaricato 4 importanti associazioni di consumatori di prelevare al buio campioni di mozzarella da qualsiasi punto vendita italiano e di inviarli a nostre spese ad un laboratorio tedesco, al di sopra di ogni sospetto e di massima credibilità. Nel frattempo, in attesa di conoscere i risultati, abbiamo prenotato pagine dei principali quotidiani nazionali per renderli noti.
D. Quali ricerche avete fatto effettuare?
R. Tutte quelle in qualche modo correlabili con il rischio paventato dai media: diossine, PCB e metalli pesanti, oltre a quella del microrganismo della brucella, che più volte è stato associato alla mozzarella.
D. E i risultati?
R. Tutto esattamente come ci aspettavamo, certi di non correre alcun rischio.
In particolare, nessuno dei 20 campioni esaminati contiene traccia di cellule di brucella.
Tieni conto che in molti altri Paesi, a cominciare dagli USA, la brucella non è considerata un problema, quando il processo prevede, come nel nostro caso, trattamenti termici in grado di distruggerla.
D. Certo, perché nella lavorazione della mozzarella di bufala, v’è, in quanto formaggio a pasta filata, un passaggio – la filatura (stiratura) della cagliata – con trattamento termico.
R. Come è noto, si raggiungono necessariamente temperature superiori ai 90° per la fase di filatura della cagliata.
D. Quindi, anche se la mozzarella si producesse da latte crudo…
R. … Tale passaggio annienterebbe comunque questi microrganismi, quand’anche fossero presenti.
Ma nel nostro latte il problema è stato da tempo risolto.
D. Presumo dalle analisi siano risultati assenti anche metalli pesanti…
R. Abbiamo fatto analizzare piombo, cadmio, cromo, manganese mercurio e arsenico.
Tutti assenti o ampiamente entro la norma, quando ne esiste una, come nel caso del piombo.
D. Ma ogni volta che si brucia del rifiuto, quale parametro chimico emerge su tutti?
R. Quello delle diossine e dei PCB, per i quali i regolamenti comunitari fissano parametri rigorosi, validi per tutti gli alimenti. Il limite per la somma di tutti questi composti è di 5,5 picogrammi per grammo di grasso del prodotto (per la loro natura chimica, le diossine e i PCB possono essere presenti solo nella fase grassa del prodotto).
D. Scusa, cos’è un picogrammo?
R. E’, tanto per capirci, un milionesimo di milionesimo di grammo.
Bene, nei nostri campioni è mediamente 20 volte più basso e il valore più alto in assoluto riscontrato è di 6 volte inferiore a questo limite…
D. Ho notato una sospensione, stavi per aggiungere altro?
R. Si… forse è il caso ch’io sottolinei che vi sono invece prodotti europei (un esempio fra tutti: il salmone pescato nel Mar Baltico) che proprio per diossine e PCB hanno ottenuto dall’Unione Europea una deroga, dopo aver verificato che il pesce sfiorava sistematicamente i limiti di legge…
Dunque la nostra mozzarella non ha nulla a che vedere con le contaminazioni della Terra dei Fuochi.
fotografia di Gianni Costabile
D. Sul tema dei controlli tra l’altro, voi stessi siete severissimi.
R. Ogni anno, i controlli sono decine di migliaia, dall’allevamento della bufala fino alla distribuzione del prodotto; numeri che ne fanno il formaggio più controllato a livello europeo.
D. Sono banale: chi controlla?
R. Gli ispettori sono interni al consorzio ma con qualifica attribuita da decreto del Ministero degli Interni.
Costituiscono tuttavia solo uno dei tanti soggetti di controllo, oltre alle ASL, l’Ispettorato Repressione Frodi del Ministero delle Politiche Agricole, i Carabinieri dei NAS e dei NAC, il Corpo Forestale dello Stato e molti altri ancora.
D. A fronte di circa 37 milioni di kg prodotti.
R. E’ il dato del 2012, quando abbiamo esportato il 25% della produzione. La mozzarella di bufala campana, voglio ricordare, è il più importante marchio Dop dell’Italia centro-meridionale, con 110 caseifici e 1.600 allevamenti, che danno lavoro a circa 15.000 persone.
D. Numeri importanti…
R. Eh si. Proprio per ciò, è del tutto prioritario, nei produttori – che si fanno carico dei costi di controllo – e in noi dirigenti, G-A-R-A-N-T-I-R-E il consumatore, oltre che sulla bontà, sulla sicurezza.
D. La vostra controazione ha dato buoni frutti?
R. Si, e ringrazio le Associazioni a tutela dei diritti dei consumatori per l’importante contributo.
Nel comune interesse di salvaguardare un patrimonio agroalimentare di eccellenza, una filiera economica importante e soprattutto di rassicurare i consumatori.
“Sdegno e coraggio“, direbbe Sant’Agostino, “il primo di fronte a come vanno le cose, il secondo per cambiarle”.
Gian Arturo Rota
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