Luigi Veronelli
I colori dei vini
Ieri sera – in palestra per assistere alla partita di pallavolo di mia figlia, nella pausa tra secondo e terzo set – ho sentito un gruppetto di tre persone a me vicino, parlare delle sfumature di colore del vino (un Montepulciano) bevuto poco prima.
Lo scambio è durato tre minuti circa e ho ascoltato con curiosità; ciascuno di loro ha visto in quel vino rosso, la sua interpretazione di rosso.
M’è tornato alla mente l’articolo sui colori dei vini scritto da Veronelli per la rivista Rendez-Vous, autunno 2000.
Ne do un estratto.
(Gian Arturo Rota)
Ciascuno ha un sogno non avverato.
Il mio é un’opera sui colori del vino, dal bianco acqua al rosso cardinalizio.
Ho fatto infinite prove con le carte selezionate e con i tipografi migliori. Sempre, giunti al punto di stampare, sempre ci si é accorti: il colore tradiva. Non era più quello delle prove, quello del giorno prima. Diverso e insoddisfacente.
Avevo un bel dirmi: sei tu che di giorno in giorno, di ora in ora, cambi.
Non ti succede anche con il vino?
No, per i colori dei vini – così come per gli aromi e i profumi e i sapori – un noumeno c’é.
Intendo, con noumeno – e gioco a mezzo e in contrasto tra Platone e Kant, addirittura – l’oggetto della conoscenza intellettuale pura che si identifica e non si contrappone a quello della sensibilità.
S’io dico Barolo di Serralunga Vigna Rionda in me s’afferma – colore, trasparenza, sfumature, struttura, consistenza, nerbo, quant’altro – il suo noumeno.
Avrei dovuto provare, riprovare e trovare.
Fermarlo, poi, sulla carta il noumeno.
Non si avvererà quel sogno in un libro da che sono infiniti, e ciascuno – se possibile – all’infinito moltiplicato per le infinite nuances ed ombre.
Mi rifiuto, tuttavia a perderlo, il sogno. Lo realizzerò col futuribile. Anziché il libro un CD rom o che altra delle moderne diavolerie tali che io o tu o lui, ad uno ad uno, individuo, coll’artificio digitale, volta per volta, si giunga alla soddisfazione.
Stop, eccolo lì, il noumeno. Fermo e tuttavia in movimento, con tutti i divenire e i passaggi, sempre “recuperabili” attraverso il solo stimolo delle dita.
Raggiunta la felicità dell’uomo che ascolta il racconto delle cose (il vino, però, non é una cosa).
Non sarà più un sogno, lo vivremo. Non sarà quindi un sogno, sarà di più.
Camminerò le vigne e i boschi della mia patria (la patria é ciò che si conosce e si capisce).
Avrò con me – ad acchiapparle – con uno dei loro marchingegni, le irripetibili apparenze cromatiche di ogni cru.
In autunno vigne e boschi sono proprio i magici confidenti dei colori e delle loro nuances.
Dal bianco acqua al rosso cardinalizio.
Se camminerai le vigne e i boschi d’autunno, con la voglia di riscoprirli i colori dei vini bevuti nei tuoi anni, ad uno ad uno li cogli.
Se riesci a cancellare il colpevole orrore del cemento e dei suoi costruttori, tutta la mia patria é una vigna e un bosco; non ti basteranno, per camminarli, i giorni dell’autunno.
Deve esserti comunque ben chiaro: ognuno dei colori, millanta e millanta, infiniti, li puoi trovare se hai occhi della mente in ogni vigna e in ogni bosco. Non chiedermene ragione.
Ripeto: infiniti i colori e ciascuno se possibile all’infinito moltiplicato per le infinite nuances ed ombre.
Luigi Veronelli
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