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La pasionaria di Castro dei Volsci
E’ detto ditirambo un componimento lirico corale – metrica e ritmo liberi ed esagitati – dedicato al culto di Dioniso; nella contemporaneità, indica uno scritto, sempre libere metrica e rime, che esalta il vino o l’amore.
Giusto nella volontà d’esaltazione della (buona) tavola, la ragione del nome - per l’appunto Ditirambo – alla locanda in Castro dei Volsci (Frosinone).
Comune, voglio ricordare, assunto a simbolo del dolore per le orride violenze alle donne compiute dalle truppe tedesche nei giorni della ritirata (di qui il Monumento alla mamma ciociara, saecula saecolorum); ma anche paese tutto da camminare, tra strade e case in pietra, sino all’altura – il balcone della Ciociaria – da cui, a mio parere, uno dei panorami più vasti e spettacolari d’Italia.
il monumento alla mamma ciociara
La locanda è condotta da Daniela Accolla, donna di tempra, intelligente e ironica, doti necessarie per chi, come lei, ha deciso di resistere in un luogo fascinoso ma marginale come questo.
Si, resistere. All’inizio in società con altri, poi in proprio; e non nel “business” la motivazione, bensì nel rapporto sviscerato con la terra d’origine e nella certezza delle relative possibilità gastronomico-turistiche.
Perfeziona il progetto, costi quel che costi, ci crede, “la mia terra e la mia storia devono vincere”, l’aiutano i genitori.
Una moderna eroina, e non è retorica.
La cucina è nei prodotti e nelle tradizioni dei luoghi, soprattutto; meno popolana nella forma, di pari sostanza.
Daniela acquista in aziende agricole dei dintorni; poi piatti semplici, diretti, d’immediata lettura, in stretta dipendenza dalle stagioni: dai salumi e formaggi al budino di ricotta di bufala, dai tonnarelli cacio e pepe alle fregnacce del casaro, dallo stinco di maiale al forno allo spezzatino di bufaletto, alla ciambella mandorlata.
Menu snello (intendo per numero di proposte), ma non “riduzionista”, c’è da averne soddisfazione.
Medesima linea per la cantina (in rilievo i cru locali), e altrettanto soddisfacenti le possibilità di scelta.
Last but… Locanda significa in effetti anche camere, a un centinaio di metri dal ristorante; non si tratta di un “difetto” strutturale, ma dell’adesione ai principi dell’albergo diffuso, ovvero l’utilizzo, nei centri storici, di edifici recuperati da quasi certo degrado, rimessi a nuovo nel rispetto dei vincoli urbanistico-architettonici e attrezzati con tutti i crismi della confortevolezza. Qui non serve altro, altro è nel respiro della bellezza e della cultura del luogo.
Gian Arturo Rota
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